19/09/11

Il sogno del bambino stregone

Rispetto.
E' questa la prima cosa che bisogna mettere in valigia prima di intraprendere qualunque viaggio, questa la disposizione mentale che bisogna avere quando si inizia una nuova lettura, questo il sentimento che cerco di infondere in mio figlio ogni qualvolta se ne presenti l'opportunità.
E per "rispetto" intendo soprattutto quello verso la diversità, che è a mio avviso il patrimonio più grande di questa pazza umanità pronta a tutto pur di uniformarsi in usi e consumi. Una diversità che quando si viaggia è evidente soprattutto nel paesaggio, nelle forme di urbanizzazione, nel cibo, nello stile di vita, nelle abitudini dei locali, in ciò che la gente pensa e nelle modalità in cui lo afferma.

Però ci sono dei casi in cui il rispetto che vorrei provare per una cultura altra è sopraffatto, schiacciato, disintegrato dalla nausea, l'orrore, la ripugnanza, il terrore che alcune tradizioni e abitudini mentali suscitano in me. E questo libro di Luca Castellito, che racconta la storia vera di un bambino stregone divenuto poi bambino di strada, ne è l'ennesima conferma.

E' più forte di me, ma non posso davvero accettare che una comunità consideri adulto, con tutti i diritti e doveri che ciò comporta, un bambino di 8 anni. Non posso tollerare che il passaggio obbligato a tale fase della vita umana non sia il frutto di un naturale sviluppo biologico e psicologico, ma il risultato di un rituale che impone incredibili sofferenze fisiche (e non solo!) come può essere, ancora oggi, quello della circoncisione in alcuni paesi in via di sviluppo.

Considero la superstizione una delle più grandi manifestazioni dell'ignoranza della razza umana. Ma se posso sorridere vedendo qualcuno cambiare strada davanti a un gatto nero, non posso fare a meno di incazzarmi davanti ad una famiglia ed un'intera comunità che hanno il coraggio di addossare a dei bambini la responsabilità di calamità fisiche quali incendi, terremoti, nubifragi, etichettandoli come ndoki, bambini stregoni capaci di ogni sorta di potere e malvagità nei confronti di chi li circonda.
Urlo tutta la mia rabbia e il mio sdegno soprattutto perchè questo colpevolizzare è solo il primo passo di una serie di violenze fisiche e psicologiche attuate volontariamente per cercare di scacciare le forze del male da un essere umano innocente e incapace di difendersi. Primo di una serie di passi che portano inevitabilmente il piccolo a ritrovarsi nel giro di poche settimane tra i bambini di strada che affollano la capitale del Congo e troppe altre metropoli in via di sviluppo.

Già è difficile accettare l'esistenza di questi bambini costretti a vivere senza una famiglia, senza un luogo dove ripararsi, senza cibo e cure affettive, alla mercè di ragazzini solo poco più grandi che sono già entrati nel circolo della violenza e della droga, di polizziotti corrotti e pedofili, di adulti che fingono di non vederli. Ma se è una guerra a provocare ciò, o una disgrazia familiare ... non dico che la cosa possa venir accettata, ma almeno si riesce a trovare una spiegazione logica a tanta sofferenza. Se invece è la stessa famiglia a voler cacciare questi bambini, con la scusa di vedere in loro degli iettatori e l'intento non dichiarato di avere meno bocche da sfamare, l'orrore è davvero troppo grande, anche solo da immaginare.

E questo libro affronta tutti questi argomenti, raccontandoli con le parole semplici di un bambino di 8 anni che li ha visti e li ha vissuti in prima persona. Un bambino che ha la fortuna di farcela, di sopravvivere a fame e violenze, di trovare sulla sua strada dei volontari disposti a curarlo e ad offrirgli in sordina una possibilità di riscatto, di raccontare la sua vita a Castellito perchè la possa far conoscere anche a noi.

La donna (...) mi sorrise.
Fu quel sorriso a mandarmi in confusione. Mi ero preparato a mentire il meglio possibile e a subire la loro rabbia nel caso che mi avessero scoperto. Ma non ero pronto ad affrontare un adulto armato di sorriso.

Già in queste poche parole ce n'è di che riflettere ...

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