27/10/11

Ricordando il Topkapi

Appena entrati nel Cortile del Consiglio, tutto fu avvolto da un profondo silenzio. Mi sentivo il cuore pulsare nelle vene della fronte e del collo. Il luogo che avevo tante volte sentito descrivere da coloro che erano stati a Palazzo, da mio zio, adesso, proprio come il Paradiso, era davanti a me come un meraviglioso giardino multicolore. Ma non provavo la felicità di chi sta entrando in Paradiso, provavo paura e un grande e religioso rispetto, capivo di essere un semplice servo del Nostro Sultano e mi rendevo veramente conto che egli era il cardine del mondo. Guardando ammirato i pavoni che si aggiravano nel verde, i bicchieri d'oro legati a con una catenella alle fontane che scorrevano gorgogliando, i dignitari di corte che camminavano vestiti di seta, silenziosi come se non toccassero terra, provai l'entusiasmo di servire il mio sultano.
(da "Il mio nome è rosso")

Brividi!
Mi sono bastate queste poche, bellissime parole di Pamuk per sentirmi di nuovo dentro al Topkapi e rivivere le emozioni
provate anni fa immaginando come doveva essere la vità tra le stanze del palazzo e i suoi splendidi giardini ai tempi dei sultani.

Ricopiandole ora, mi chiedo se, con le dovute modifiche, questa descrizione non possa andare bene anche per un pellegrino in visita alla Roma dei papi. Che ne dite?

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