27/10/11

Il mio nome è rosso

Di me diranno che sono la lettrice.

Così, con una semplice descrizione lapidaria delle varie voci che compongono un affascinante ritratto corale, iniziano i moltissimi capitoli di questo libro di Orhan Pamuk, Premio Nobel per la letteratura un paio di anni fa.
Ogni personaggio, uomo, animale, pianta o colore, ha infatti a disposizione uno o più capitoli per descrivere dal suo punto di vista e secondo le proprie emozioni i pochi eventi e i molti sentimenti di uno strano giallo. Dico strano perchè la voglia di scoprire l'assassino non è certo predominante durante la lettura e sembra quasi che lo scrittore utilizzi questo genere solo come pretesto per narrare qualche cosa d'altro.

Certo: i morti sono più d'uno, l'assassino è ben presente e monologa spesso con il lettore, gli assassinati raccontano in prima persona gli ultimi istanti della loro vita e il trapasso ad un'altra dimensione, molti sono quelli che vogliono fare chiarezza sulla faccenda e il rosso del titolo, pur presentandosi così magistralmente
Il mio nome è rosso […] Mi faccio notare. Non ho paura degli altri colori, delle ombre, della folla o della solitudine. Com’è bello riempire con il mio fuoco vittorioso una superficie che mi attende! Dove mi espando io, gli occhi brillano, le passioni si fortificano, le sopracciglia si alzano, i cuori battono forte. Guardatemi, com’è bello vivere! Contemplatemi, com’è bello vedere. Vivere è vedere. Io vedo ovunque. La vita comincia con me, tutto torna a me, credetemi.
non è certo lontano dal sangue e la violenza.

Ma queste pagine offrono molto di più ed è davvero difficile classificarle con un singolo genere letterario.
C'è l'amore tra Nero e Sekure, forte e inesauribile, che dura a distanza per oltre 12 anni, ma non sufficiente a farne un romanzo sentimentale.
C'è la bellissima descrizione di Istanbul a fine Cinquecento, dei suoi complicati rapporti con la Serenissima e l'Europa, della vita alla corte del Sultano, dei mestieri che vi si praticavano, ma definirlo romanzo storico sarebbe troppo riduttivo.
Ci sono pagine intere sull'arte islamica, la sua componente filosofica-religiosa, il ruolo dell'immagine nella cultura musulmana, bellissime (anche se talvolta un po' troppo lunghe e ripetitive) descrizioni di miniature, dei loro soggetti e delle tecniche usate all'epoca per realizzarle. C'è amore e odio, timore e ammirazione per il ritratto occidentale, la prospettiva da poco scoperta in occidente, l'implicito realismo e tutte le novità dell'arte rinascimentale. Eppure non è nemmeno un trattato d'arte.

E allora, che cos'è questo libro???

E' Istanbul.


O Bisanzio.
Oppure Costantinopoli.
Chiamatela come preferite. Cambiano i nomi, cambiano le epoche, ma la sostanza non cambia.

Una città geograficamente sviluppata su due continenti, in costante equilibrio tra Oriente e Occidente. Dove il nuovo che avanza, oggi come allora, affascina e incanta a tal punto da poter divenire pretesto per violenze e assassini. Dove la tradizione è ancora fortemente radicata, ma spesso scalfita da nuove mode e tecnologie. Dove la donna ha un ruolo tutto sommato preponderante, ma deve sovente mascherare il suo effettivo potere all'interno della famiglia e della società in cui vive. Dove la religione è ancora parte integrante della vita di molti, ma la mia amica S. considera retrogado rispettare il Ramadan e il misticismo dei dervisci si è trasformato in spettacolo per turisti. Dove ho visto nuovi palazzi in vetro e acciaio sorgere accanto alle antiche residenze in legno del Bosforo. Dove un ragazzino si inchina per baciare la mano di un adulto e portarla al cuore in segno di rispetto e saluto, e poi rientra a casa per collegarsi a Facebook.

Il Corano afferma che Ad Allah appartengono l'Oriente e l'Occidente e a questa sacrosanta verità Pamuk aggiunge, per bocca di uno dei suoi protagonisti, che Allah ci protegga dai desideri di colui che è puro e non si è mescolato. E sembra non essere l'unico a pensarla così, nè ora, nè nei tragici giorni in cui è ambientata la vicenda di questo libro.

Consigliato a chi sta per intraprendere un viaggio in Turchia, a chi è rimasto ammaliato dalle atmosfere di Istanbul e vuole riviverle pagina dopo pagina, a chi pensa che Europa e mondo islamico possano comunicare e scambiarsi idee preziose per costruire un mondo più bello e forse migliore.

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